Trebbiano Valentini: la verticale

Serata memorabile quella trascorsa ieri all’Hilton per la seconda lezione al corso Terroir di Armando Castagno all’AIS sul Trebbiano d’Abruzzo.

L’Abruzzo, dal punto di vista ampelografico, è una regione indistinta.

E c’è anche una gran confusione a livello legislativo per il disciplinare sulla DOC.

L’ultimo aggiornamento del disciplinare scritto nel 1972 (prima la DOC era DOS, denominazione origine semplice) è del febbraio 2010 e riporta che i vini a DOC  Trebbiano d’Abruzzo, devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vitigni Trebbiano abruzzese (Bombino bianco) e/o Trebbiano toscano almeno all'85%. Con il saldo di altri vitigni a bacca bianca – non aromatici - prodotti nell'intero territorio della regione.

Le uve devono essere ottenute da vigneti in zone collinari, la cui altitudine non sia superiore ai 500m slm o eccezionalmente ai  600m se le vigne sono esposte a sud.

Purtroppo l’88% della DOC è fatta con il trebbiano toscano, di relativa, se non bassa qualità, e solo il 12% residuo viene prodotto con il bombino bianco.
La pianta con foglia pentalobata di media grandezza e un grappolo medio-grande, conico o cilindrico, ha  acini medio grandi, rotondi, con una buccia spessa e consistente dal colore giallo-verdognolo e le sue tipiche macchie marroni. 


 2008 / 2007 / 2001 / 2000 / 1999 / 1989 / 1983 / 1981 / 1978


E’ una pianta robustissima che combatte bene sia il clima che le malattie, ad esclusione però della peronospora che soffre notevolmente.
Questo è uno dei motivi per cui i vitigni sono principalmente a pergola abbruzzese che con le uve a 2 metri da terra e coperte dal fogliame permettono di proteggerle i grappoli dal sole ed hanno una notevole areazione per evitare la malattia.

Il territorio è di “modesto valore geologico”, e questo non gioca a favore della finezza del trebbiano ma ne esalta la sua fisicità. La sua parola d’ordine è potenza; non la complessità che associamo invece ad altri bianchi italiani come il fiano e il verdicchio.

L’alcol minimo e 11°. Peccato però che il disciplinare permetta anche di aggiungere MDR per far aumentare il grado alcolico minimo delle uve del 10°.

Dopo il ripasso e gli approfondimenti sul disciplinare siamo passati alla “pratica” con la verticale di uno dei vini bianchi italiani più amati e allo stesso tempo più discussi, il Trebbiano di Valentini.

 Dati salienti dell'Azienda (non riseco a girarla ... buona lettura :-)

Il vino che con grande maestria Francesco Paolo Valentini produce in 65 dei 200 ettari di proprietà a Loreto Aprutino.
Come lo produce? Non bio, non naturale, ma in modo "artigianale" cercando quando possibile di non intervenire. 

Dati analitici medi (non riseco a girarla ... buona lettura :-)
2008: annata negativa a causa di gravi squilibri climatici. Grande umidità con piogge lunghissime e 7 grandinate che hanno determinato la perdita del  40% della raccolta. Giovanissimo, complesso ma difficile da descrivere. Metallico al naso, con note di patata cruda, sale e buccia di mela. In bocca una bell’acidità, lungo e con finale di menta. Pulitissimo e già con bell’equilibrio.

2007: Annata caldissima e molto siccitosa con vendemmia agostana. Uscito sul mercato sia dopo la 2008 che la 2009, rispetto al solito ha un altissimo grado alcolico di 12,82° e un ph bassissimo a 3.00. Naso fantastico. Polvere da sparo, funghi, pompelmo, mimosa e camomilla. Grande acidità. Minimale e inscalfibile. Un vino eccezionale che durerà  100 anni. Forse il migliore di sempre. Perlomeno fra le bottiglie di Francesco Paolo Valentini. E’ stato decretato il "Best italian wine" del 2012 da un gruppo di degustatori.
2001 (lotto 4.01): Più complesso. Naso straordinario, d’incredibile finezza.  Caffè verde, note salmastre, affumicate e tostate, spruzzi di foglie bagnate, miele e iodio. Bocca di grande ampiezza con una grande acidità equilibrata da bella morbidezza e ritorni di frutta esotica. Grande personalità. Prese l’Oscar del miglior vino bianco in Italia dall’Ais alla pari con il Breg ‘99 di Gravner. 


2000: Piccola annata, mediamente piovoso e con poca luce. Definito da Francesco Valentini il Sig. Rossi, quanto di più anodino possibile ( [a-nò-di-no, ] Agg. Privo di un carattere, di efficacia, sottotraccia ). Aggettivo assolutamente sminuente IMHO. Ricorda un riesling renano. Pompelmo, erba, noce moscata, buccia di limone, timo e sale. Metallico e mentolato. Straordinario, con grande bocca. Bella lunghezza e sorprendente freschezza.



1999: Annata fra le più piovose in zona. Vendemmia programmata e rimandata di continuo e con perenne minacce di peronospera. Vendemmiato con tasso malico altissimo. Ancora verdolino, il naso è molto particolare, ha note di aloe, liquirizia, anice, e mela verde. In bocca un po’ diluito. Molto diverso dagli altri.

1989: Annata fredda e buia. Note di mandorla, miele, torroncino, agrumi e marzapane. Bocca strana, non armonico. Questo è  un “vino fantasma". 
La bottiglia non è in commercio visto anche il grado alcolico di 10.1°, inferiore alla gradazione prevista dal disciplinate. E' stata bevuta grazie alla bottiglia presa direttamente dalla cantina di Francesco Valentini.


1983: Grande annata. Uva perfetta al momento della vendemmia. Alcol 12,82°. In bocca lo definiresti “appena pronto”. Note di crosta di pane, caffè, paprika, miele grezzo, pere e mele. Alla cieca avresti detto uno champagne. Finezza incredibile, grande finale. Una delle bottiglie più grandi mai bevute. Un bianco perfetto.

1981: Annata stra-classica. Calda e umida con uve sane e tardive. Subito note di caramello, frutta candita, funghi, olive e note tostate. Senza alcuna nota evolutiva è caldo in bocca e ancora con grande freschezza.

1978: Acidità incredibile. Naso fantastico, quasi alla pari dell’annata memorabile ’77 bevuta in un altra verticale fatta nel febbraio 2011.
Gesso, camomilla, note salmastre, e albicocca. Bella beva con ritorni mentolati. Lunghissimo ed ben equilibrato. 
Riepilogando queste le annate bevute: 
2008 / 2007 / 2001 / 2000 / 1999 / 1989 / 1983 / 1981 / 1978

Nel mio podio metterei 1983, 2007 e 2001 in ordine di preferenza.
Leggendo i post su FB degli altri partecipanti, fra le migliori anche la 1978 e 1981.

Mi sento un "ragazzo" davvero fortunato che ha avuto la fortuna di bere quasi tutte le annate del Trebbiano di Valentini dagli anni '70 ad oggi. 
Oltre a quelle di ieri le altre a Le Ragnaie nel febbraio 2011 con l'Enoclub Siena (annate 2003, 2002, 2002, 2001, 1996, 1992, 1991, 1990, 1985, 1984, 1977) o pochi mesi fa con il gruppo TDC e raccontata su Intravino (annate 2004, 2002, 1999, 1998, 1997, 1996, 1995, 1994)


Tirando le somme il Trebbiano di Valentini è un vino da aspettare ... 10 anni... più o meno. 
E’ vivo.
E non solo in botte. 
Continua ad esserlo nella bottiglia dove parte la malolattica e prosegue la fermentazione nel tempo. 
Le annate giovani anche per questo motivo sono da scaraffare.


E' vero che io ne ho bevuta una per annata, o poco più per le più recenti, ma in tutte e tre le serate non ho sentito le "puzze" che ho letto spesso criticate con toni forti in alcuni thread nei vari forum. 

Sono stato fortunato? Non credo ... ma io ho bevuto solo grandi Trebbiano! 

A volte le critiche sono eccessive, o peggio ancora strumentali, senza considerare quanto sia necessario dare il tempo a questo vino di equilibrarsi dopo gli anni trascorsi in orizzontale in cantina. 
Questo anche considerando i cattivi odori dati dalle proteine cha ha e che andrebbero al fondo bottiglia, visto il peso, tenendo la bottiglia due o tre giorni in verticale prima di aprirla, evitando così di sentire queste puzzette nei bicchieri.

Per concludere direi: scordatevelo in cantina, apritelo un bel po' prima di berlo e godetevelo!

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