Il 2001 dei Produttori di Barbaresco
Nella serata di ieri sono stato alla degustazione “Si fa presto a dire vino e cacio: le tome della Tradizione e il Barbaresco dei Produttori” organizzata da Atheneum presso la manifestazione Vinoforum a Roma con la partecipazione di Fabio Turchetti, giornalista enogastronomico da anni collaboratore per Il Messaggero, Rosa Capece, Maestra Assaggiatrice di Formaggi, e Aldo Vacca della Produttori del Barbaresco s.a.c, a cui ruberò alcune affermazioni inserite nella mio recensione.
Ovviamente mi focalizzerò più sui vini ma ciò non toglie che le tre tome assaggiate ieri in abbinamento ai barbareschi degustati provenienti da una delle più famose enogastronomie Italiane, La Tradizione appunto, siano state semplicemente fantastiche.
La Cantina Sociale dei Produttori del Barbaresco è da tempo considerata una delle cantine più valide della zona ed un esempio per le moderne cooperative.
Un riferimento per altri produttori anche per aver da sempre mantenuto, in un periodo in cui la dinamica dei prezzi dei vini ha ormai dell’incredibile, i propri vini a costi di livello medio-basso in un ipotetica scaletta, nonostante invece la qualità dei vini che in seguito leggerete non lo sia affatto, anzi.
Dal nome della Cantina si può facilmente immaginare come la sua storia sia indissolubilmente legata a quel vino che fino a qualche anno fa era considerato erroneamente il fratello minore del Barolo, ma che grazie al duro lavoro di capaci produttori come loro e di tanti altri famosi loro colleghi - che non starò qui a menzionare – si è già da anni ritagliato il suo giusto spazio nel mondo dell’enologia.
Difatti inizialmente nella seconda metà del secolo scorso, nella zona di Barbaresco, il vino nebbiolo era coltivato e venduto per produrre il Barolo o vinificato generico vino da pasto.
La data storica per Barbaresco giunge alle soglie del XX secolo, per la precisione nel 1894.
Fu allora che Domizio Cavazza, allora Preside della Scuola Enologica d’Alba, creò le "Cantine Sociali di Barbaresco" riunendo attorno a sé nove produttori, introducendo le proprie conoscenze che gli derivavano dalla direzione della scuola, portando nel paese innovazione tecnologica e nuove tecniche di coltivazione ed iniziando a produrre il vino come si produceva a Barolo, denominandolo con il nome del paese stesso: Barbaresco.
Nel 1922, dopo la I guerra mondiale, quella originaria Cantina Sociale chiuse.
Riaprì solo in seguito, nel 1958, superate le difficoltà del primo dopoguerra, quando Don Fiorino, l’allora parroco di Barbaresco, un paese rurale e povero, riunì diciannove agricoltori fondando la "Produttori del Barbaresco”, per cercare di fermare l’esodo verso Torino e le grandi città che si industrializzavano e per mantenere la parrocchia viva.
Assieme presero 3 decisioni fondamentali che resero la Produttori di Barbaresco un esempio per molti in futuro:
- Vinificare esclusivamente uve nebbiolo: questo anche se rese la crescita della società sul mercato più difficile, allo stesso tempo diede una spinta notevole all’incremento della specializzazione e della crescita qualitativa
- Venne scelta la politica del conferimento totale: gli associati non potevano fare concorrenza all’azienda vinificando parte del loro vino prodotto in casa o cedendolo a terzi
- Il pagamento delle uve conferite avveniva in base alla qualità: i carichi d’uva venivano controllati ed in base a parametri prestabiliti di qualità le uve venivano valutate e tramutate in pagamento
La "Produttori del Barbaresco" conta oggi 56 membri e dispone di circa 100 ettari di vigneti a Nebbiolo pari a circa 1/6 dell'intera zona d’origine, con realtà pedoclimatiche ben diverse.
La "Produttori del Barbaresco" controlla con le sue vigne quasi in monopolio gran parte dei "crus" storici della zona. Ciò è dovuto al fatto che negli anni ’50, quando fu creata la cantina, Barbaresco era una realtà rurale e i proprietari terrieri erano per lo più gli agricoltori che si associarono alla cantina.
Produttori del Barbaresco s.a.c. Via Torino, 54 12050 Barbaresco (Cn) Tel. 0173-635139
Due le tipologie di Barbaresco prodotte:
Barbaresco DOCG
Viene prodotto ogni anno con le uve provenienti dai 100 ettari di vigneti situati nella zona d'origine, principalmente nel comune di Barbaresco stesso. Nelle grandi annate, quando la qualità delle uve è ottima in tutta la zona, i crus storici vengono tenuti separati ed imbottigliati come riserva. Nelle annate normali invece le riserve non sono prodotte e le uve dei crus sono utilizzate per produrre il Barbaresco, elevandone la qualità intrinseca.
Barbaresco DOCG Riserva
Prodotti solo nelle annate grandi ed uniformi.
I nove Crus, situati tutti nel comune di Barbaresco stesso, sono tutti vigneti storicamente dediti alla produzione dell'uva Nebbiolo.
Sono nomi che per la qualità intrinseca del terreno e dell'esposizione, sono diventate famose e pregiate, ognuno avente particolari caratteristiche del terroir da trasferire al vino tali da differenziarne e caratterizzarne la produzione.
Le modalità produttive dei 9 diversi Crus sono le medesime. Macerazioni lunghe (3 / 4 settimane) classiche (no rotomaceratori, tutte in fermentatori verticali a temperatura controllata con rimontaggi e follature nella prima settimana poi controllato nelle restanti), in seguito il “vino va a secco sulle bucce”, quindi viene invecchiato in grandi botti di rovere di Slavonia o Francesi da 75HTL c.ca per un periodo lungo (dai 15 ai 22 mesi per il B. base ai 3 anni più 1 anno bottiglia per Riserva)
Per la degustazione assaggiamo il Barbaresco base 2004 e 5 dei 9 CRUS del millesimo 2001, vendemmia che oggi possiamo con ragionevole certezza considerare ottima.
BARBARESCO 2004
Rubino luminoso non concentratissimo, in pieno stile nebbiolo. Naso composto. Viola di fondo, toni morbidi, bel frutto di bosco, leggera prugna; poco complesso ma intenso. Un vino “verticale, da lunghezza sul palato”. La bocca conferma quanto sentito all’olfatto. Buona acidità, quasi note agrumate. Tannino bilanciato, compatto ma non amaro. Discreta persistenza. Un vino che ha una spina dorsale per durare nel tempo anche se non ha il corpo delle grandi annate.
BARBARESCO RISERVA PORA 2001: IMMEDIATO
Consistente. Rubino. Vivace all’occhio. Sull’unghia la nota rubino leggermente più sottile. Naso profondo con toni fruttati, confetture nere, frutta sottospirito, caratteri di florealità, ricordi minerali, castagna, leggeri sentori di tabacco, cenere con qualche nota balsamica e ricordo lieve di cioccolata bianca. In bocca assaggio carnoso e sapido con tannini equilibrati, smussati da un alcool non affatto aggressivo. Caratteristica lingua divisa in due sopra asciugata dal tannino sotto bagnata dall’acidità della salivazione. ---- Dopo diversi minuti note profumate di liquirizia
BARBARESCO RISERVA RIO SORDO 2001: COMPLESSO
Rubino lascia posto ad un granato scuro (stacco cromatico notevole rispetto al Pora – non sapendo essere dello stesso millesimo avrei potuto pensare si trattasse di un vino affinato 2/3 anni in più)
Note al naso più scure ed evolute. Humus, terra bagnata, note fungine, note ferrose, tabacco scuro, china. Un naso suggestivo, affascinante.
AL gusto maggiore austerità e corrispondenza straordinaria con il naso. Attacco perentorio al cavo orale con un tannino delicato e setoso che conduce ad un finale suadente e conferma le note speziate e di humus.
BARBARESCO RISERVA ASILI 2001: COERENTE
Rubino scarico. Toni tranquilli non molto intenso. Caratteri fruttati ma non immediati, nota di viola, appena toni di borotalco. Concentrato al naso e restio ad uscire. In bocca serrato, di bella compattezza, con toni ciliegiosi. Acido e tannico. Di bella persistenza. “E’ un treno che chiude così come è arrivato”
BARBARESCO RISERVA OVELLO 2001: DA ATTENDERE
Colore rubino classico, attraversato da nuances granato. Reticente ad esprimere i suoi odori all’inizio. Pian piano emergono frutta scura, note di fiori secchi e di tabacco. L'immaturità in bocca è ancora più presente. Il vino ha una materia polifenolica importante, c’è un tessuto tanninico composto e un tenore alcolico notevole ma è alla ricerca della sua armonia. Bisogna saperlo aspettare, necessita di ulteriore affinamento in bottiglia per esprimersi.
BARBARESCO RISERVA MONTESTEFANO 2001: ELEGANTE
Rubino/granato con riflessi aranciati. Di bella luminosità. Naso complessitivamente chiuso e severo. Fruttato ricco, scuro, note più complesse e ritrose dei vini precedenti, toni balsamici, di frutta secca, note speziate, chiodi di garofano. All’attacco in bocca è il più elegante di tutti, poi arrivano le note dure. Un tannino croccante per un vino ancora in fase di crescita, con una lunga vita davanti ma già sontuoso.
Le tre TOME abbinate, tutte di produzione artigianale e fornite da La Tradizione, una fra le prime 10 migliori Enogastronomie mondiali secondo Class, erano:
1) Toma Piemontese
Fresca in questa versione. L’olfatto conferma la giovane età; si sente ancora il latte. In bocca saporita, sale molto presente.
2) Toma Valdostana di Capra
Profumo intenso ma allo stesso tempo delicato, sensazione di burro cotto, noci, frutta secca, di tostato. Al primo impatto in bocca sapore di sale poi più simile sentori olfattivi. Abbinamento difficile forse più semplice per assonanza di sensazioni7affinità gusto olfattive, altrimenti formaggio dopo qualche secondo tendo tornare a galla se abbinato per contrasto. L’affinamento avviene in grotte naturali o in casette costruite a ridosso di pareti di roccia trapassate da correnti d’acqua per avere ambienti ad umidità costante. Nel tempo queste zone vengono popolate da microrganismi che durante la maturazione dei nostri formaggi finiscono sulle croste producendo evoluzioni e simbiosi particolari con le parti grasse del formaggio che dal centro si spostano verso le croste.
3) Toma d'alpeggio
Crosta asciutta ma ricca di muffe, sottocrosta quasi inesistente, segno dell’ottima lavorazione del prodotto e dell’ottimo affinamento. Profumi di brodo, carne, humus, terra, fungo, tartufo. Entra dolce in bocca, poi si sviluppa prepotente. La sensazione di sale si è abbastanza esaurita per lasciare il posto ad una leggera piccantezza.
Ovviamente mi focalizzerò più sui vini ma ciò non toglie che le tre tome assaggiate ieri in abbinamento ai barbareschi degustati provenienti da una delle più famose enogastronomie Italiane, La Tradizione appunto, siano state semplicemente fantastiche.
La Cantina Sociale dei Produttori del Barbaresco è da tempo considerata una delle cantine più valide della zona ed un esempio per le moderne cooperative.
Un riferimento per altri produttori anche per aver da sempre mantenuto, in un periodo in cui la dinamica dei prezzi dei vini ha ormai dell’incredibile, i propri vini a costi di livello medio-basso in un ipotetica scaletta, nonostante invece la qualità dei vini che in seguito leggerete non lo sia affatto, anzi.
Dal nome della Cantina si può facilmente immaginare come la sua storia sia indissolubilmente legata a quel vino che fino a qualche anno fa era considerato erroneamente il fratello minore del Barolo, ma che grazie al duro lavoro di capaci produttori come loro e di tanti altri famosi loro colleghi - che non starò qui a menzionare – si è già da anni ritagliato il suo giusto spazio nel mondo dell’enologia.
Difatti inizialmente nella seconda metà del secolo scorso, nella zona di Barbaresco, il vino nebbiolo era coltivato e venduto per produrre il Barolo o vinificato generico vino da pasto.
La data storica per Barbaresco giunge alle soglie del XX secolo, per la precisione nel 1894.
Fu allora che Domizio Cavazza, allora Preside della Scuola Enologica d’Alba, creò le "Cantine Sociali di Barbaresco" riunendo attorno a sé nove produttori, introducendo le proprie conoscenze che gli derivavano dalla direzione della scuola, portando nel paese innovazione tecnologica e nuove tecniche di coltivazione ed iniziando a produrre il vino come si produceva a Barolo, denominandolo con il nome del paese stesso: Barbaresco.
Nel 1922, dopo la I guerra mondiale, quella originaria Cantina Sociale chiuse.
Riaprì solo in seguito, nel 1958, superate le difficoltà del primo dopoguerra, quando Don Fiorino, l’allora parroco di Barbaresco, un paese rurale e povero, riunì diciannove agricoltori fondando la "Produttori del Barbaresco”, per cercare di fermare l’esodo verso Torino e le grandi città che si industrializzavano e per mantenere la parrocchia viva.
Assieme presero 3 decisioni fondamentali che resero la Produttori di Barbaresco un esempio per molti in futuro:
- Vinificare esclusivamente uve nebbiolo: questo anche se rese la crescita della società sul mercato più difficile, allo stesso tempo diede una spinta notevole all’incremento della specializzazione e della crescita qualitativa
- Venne scelta la politica del conferimento totale: gli associati non potevano fare concorrenza all’azienda vinificando parte del loro vino prodotto in casa o cedendolo a terzi
- Il pagamento delle uve conferite avveniva in base alla qualità: i carichi d’uva venivano controllati ed in base a parametri prestabiliti di qualità le uve venivano valutate e tramutate in pagamento
La "Produttori del Barbaresco" conta oggi 56 membri e dispone di circa 100 ettari di vigneti a Nebbiolo pari a circa 1/6 dell'intera zona d’origine, con realtà pedoclimatiche ben diverse.
La "Produttori del Barbaresco" controlla con le sue vigne quasi in monopolio gran parte dei "crus" storici della zona. Ciò è dovuto al fatto che negli anni ’50, quando fu creata la cantina, Barbaresco era una realtà rurale e i proprietari terrieri erano per lo più gli agricoltori che si associarono alla cantina.
Produttori del Barbaresco s.a.c. Via Torino, 54 12050 Barbaresco (Cn) Tel. 0173-635139
Due le tipologie di Barbaresco prodotte:
Barbaresco DOCG
Viene prodotto ogni anno con le uve provenienti dai 100 ettari di vigneti situati nella zona d'origine, principalmente nel comune di Barbaresco stesso. Nelle grandi annate, quando la qualità delle uve è ottima in tutta la zona, i crus storici vengono tenuti separati ed imbottigliati come riserva. Nelle annate normali invece le riserve non sono prodotte e le uve dei crus sono utilizzate per produrre il Barbaresco, elevandone la qualità intrinseca.
Barbaresco DOCG Riserva
Prodotti solo nelle annate grandi ed uniformi.
I nove Crus, situati tutti nel comune di Barbaresco stesso, sono tutti vigneti storicamente dediti alla produzione dell'uva Nebbiolo.
Sono nomi che per la qualità intrinseca del terreno e dell'esposizione, sono diventate famose e pregiate, ognuno avente particolari caratteristiche del terroir da trasferire al vino tali da differenziarne e caratterizzarne la produzione.
Le modalità produttive dei 9 diversi Crus sono le medesime. Macerazioni lunghe (3 / 4 settimane) classiche (no rotomaceratori, tutte in fermentatori verticali a temperatura controllata con rimontaggi e follature nella prima settimana poi controllato nelle restanti), in seguito il “vino va a secco sulle bucce”, quindi viene invecchiato in grandi botti di rovere di Slavonia o Francesi da 75HTL c.ca per un periodo lungo (dai 15 ai 22 mesi per il B. base ai 3 anni più 1 anno bottiglia per Riserva)
Per la degustazione assaggiamo il Barbaresco base 2004 e 5 dei 9 CRUS del millesimo 2001, vendemmia che oggi possiamo con ragionevole certezza considerare ottima.
BARBARESCO 2004
Rubino luminoso non concentratissimo, in pieno stile nebbiolo. Naso composto. Viola di fondo, toni morbidi, bel frutto di bosco, leggera prugna; poco complesso ma intenso. Un vino “verticale, da lunghezza sul palato”. La bocca conferma quanto sentito all’olfatto. Buona acidità, quasi note agrumate. Tannino bilanciato, compatto ma non amaro. Discreta persistenza. Un vino che ha una spina dorsale per durare nel tempo anche se non ha il corpo delle grandi annate.
BARBARESCO RISERVA PORA 2001: IMMEDIATO
Consistente. Rubino. Vivace all’occhio. Sull’unghia la nota rubino leggermente più sottile. Naso profondo con toni fruttati, confetture nere, frutta sottospirito, caratteri di florealità, ricordi minerali, castagna, leggeri sentori di tabacco, cenere con qualche nota balsamica e ricordo lieve di cioccolata bianca. In bocca assaggio carnoso e sapido con tannini equilibrati, smussati da un alcool non affatto aggressivo. Caratteristica lingua divisa in due sopra asciugata dal tannino sotto bagnata dall’acidità della salivazione. ---- Dopo diversi minuti note profumate di liquirizia
BARBARESCO RISERVA RIO SORDO 2001: COMPLESSO
Rubino lascia posto ad un granato scuro (stacco cromatico notevole rispetto al Pora – non sapendo essere dello stesso millesimo avrei potuto pensare si trattasse di un vino affinato 2/3 anni in più)
Note al naso più scure ed evolute. Humus, terra bagnata, note fungine, note ferrose, tabacco scuro, china. Un naso suggestivo, affascinante.
AL gusto maggiore austerità e corrispondenza straordinaria con il naso. Attacco perentorio al cavo orale con un tannino delicato e setoso che conduce ad un finale suadente e conferma le note speziate e di humus.
BARBARESCO RISERVA ASILI 2001: COERENTE
Rubino scarico. Toni tranquilli non molto intenso. Caratteri fruttati ma non immediati, nota di viola, appena toni di borotalco. Concentrato al naso e restio ad uscire. In bocca serrato, di bella compattezza, con toni ciliegiosi. Acido e tannico. Di bella persistenza. “E’ un treno che chiude così come è arrivato”
BARBARESCO RISERVA OVELLO 2001: DA ATTENDERE
Colore rubino classico, attraversato da nuances granato. Reticente ad esprimere i suoi odori all’inizio. Pian piano emergono frutta scura, note di fiori secchi e di tabacco. L'immaturità in bocca è ancora più presente. Il vino ha una materia polifenolica importante, c’è un tessuto tanninico composto e un tenore alcolico notevole ma è alla ricerca della sua armonia. Bisogna saperlo aspettare, necessita di ulteriore affinamento in bottiglia per esprimersi.
BARBARESCO RISERVA MONTESTEFANO 2001: ELEGANTE
Rubino/granato con riflessi aranciati. Di bella luminosità. Naso complessitivamente chiuso e severo. Fruttato ricco, scuro, note più complesse e ritrose dei vini precedenti, toni balsamici, di frutta secca, note speziate, chiodi di garofano. All’attacco in bocca è il più elegante di tutti, poi arrivano le note dure. Un tannino croccante per un vino ancora in fase di crescita, con una lunga vita davanti ma già sontuoso.
Le tre TOME abbinate, tutte di produzione artigianale e fornite da La Tradizione, una fra le prime 10 migliori Enogastronomie mondiali secondo Class, erano:
1) Toma Piemontese
Fresca in questa versione. L’olfatto conferma la giovane età; si sente ancora il latte. In bocca saporita, sale molto presente.
2) Toma Valdostana di Capra
Profumo intenso ma allo stesso tempo delicato, sensazione di burro cotto, noci, frutta secca, di tostato. Al primo impatto in bocca sapore di sale poi più simile sentori olfattivi. Abbinamento difficile forse più semplice per assonanza di sensazioni7affinità gusto olfattive, altrimenti formaggio dopo qualche secondo tendo tornare a galla se abbinato per contrasto. L’affinamento avviene in grotte naturali o in casette costruite a ridosso di pareti di roccia trapassate da correnti d’acqua per avere ambienti ad umidità costante. Nel tempo queste zone vengono popolate da microrganismi che durante la maturazione dei nostri formaggi finiscono sulle croste producendo evoluzioni e simbiosi particolari con le parti grasse del formaggio che dal centro si spostano verso le croste.
3) Toma d'alpeggio
Crosta asciutta ma ricca di muffe, sottocrosta quasi inesistente, segno dell’ottima lavorazione del prodotto e dell’ottimo affinamento. Profumi di brodo, carne, humus, terra, fungo, tartufo. Entra dolce in bocca, poi si sviluppa prepotente. La sensazione di sale si è abbastanza esaurita per lasciare il posto ad una leggera piccantezza.
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